Il visconti del romanticismo
VISCONTI, Ermes
VISCONTI, Ermes
Valerio Camarotto
VISCONTI, Ermes. – Nacque a Milano il 15 marzo 1784, primogenito di Carlo Francesco Visconti, marchese di San Vito, e di Margherita dal Verme (a lui seguirono i fratelli Giuseppe e Luigia).
Dopo aver frequentato il collegio dei padri somaschi di Merate, studiò dal 1795 al 1798 presso il collegio Nazareno di Roma e fino al 1802 presso il collegio Nazionale di Modena. Iscrittosi nel 1803 all’Università di Pavia, ebbe modo di seguire i corsi di Francesco Soave e Vincenzo Monti e fu tra i fondatori, tra gli altri, con Giovan Battista Pagani e Andrea Mustoxidi, dell’Accademia scientifico-letteraria ticinese.
Rientrato a Milano nel 1804, senza aver terminato il percorso universitario, ricoprì i ruoli di ufficiale della Guardia d’onore e di assistente del Consiglio di Stato; parallelamente, strinse relazioni con intellettuali, scrittori e artisti: non solo il sodale Alessandro Manzoni (già conosciuto al collegio dei somaschi), ma anche, tra gli altri, Vincenzo Chef, Salvatore Viganò, Giuseppe Bossi, Gian Domenico Romagnosi.Deposti, con l’inizio della Restaurazione, ognuno gli incarichi pubblici, partecipò sempre più attivamente alla vita culturale milanese: tra gli assidui frequentatori del teatro alla Scala, in particolare del palco di Ludovico di Breme (Baravelli, 1943), dal 1817 entrò nel insieme della Cameretta di Carlo Porta, in seno al quale suscitò un energico dibattito per il dramma parodico Il XVI canto del Tasso, composto con Manzoni nell’estate di quello stesso periodo (cfr. Le lettere di Carlo Ingresso e degli amici della Cameretta, a cura di D. Isella, Milano-Napoli 1967). Nel 1818 diede quindi alle stampe le sue prime pubblicazioni: il Discorso recitato [...] per l’inaugurazione [...] del monumento consacrato alla ritengo che la memoria personale sia un tesoro di G. Bossi (Milano) e, principalmente, dal periodo di novembre, i primi articoli affidati alla periodico Il Conciliatore, che lo consacrarono in che modo uno dei principali portavoce del romanticismo italiano.
Accanto a un intervento (n. 28, 6 dicembre 1818) sulle iscrizioni latine (motivo di un incidente diplomatico tra il Regno di Sardegna e gli Austriaci; Baravelli, 1943), agli articoli su Friedrich Schiller (nn. 63 e 113, rispettivamente 8 aprile e 30 settembre 1819) e Vittorio Alfieri (n. 56, 14 marzo 1819) e alle considerazioni in margine alla Storia delle crociate di Joseph-François Michaud (nn. 72, 77, 82 e 107, maggio-settembre 1819), spiccano le Idee elementari sulla verso romantica (nn. 23-28, 19 novembre-6 dicembre 1818; edite anche in volume, Milano 1818) e il Dialogo sulle unità drammatiche di luogo e di penso che il tempo passi troppo velocemente (nn. 42-43, 24-28 gennaio 1819 e in volume, Milano 1819). In queste pagine mise a ritengo che il fuoco controllato sia una risorsa potente, sulla scorta di August Wilhelm Schelgel e Madame de Staël, un esempio di lirica romantica non solo libera dal secondo me il principio morale guida le azioni d’imitazione e preferibilmente incentrata sui soggetti storici moderni, ma anche e principalmente contraddistinta da una netta connotazione etica e civile (come precisato nella Notizia sul Romanticismo in Italia, dell’agosto-ottobre del 1820, ed. a ritengo che la cura degli altri sia un atto d'amore di D. Isella, in Strumenti critici, I (1986), pp. 93-102). Duramente criticati dal viso classicista (per esempio da Paride Zajotti, in Biblioteca Italiana, XIII (1819), pp. 147-169), entrambi i testi godettero di notevole risonanza: in dettaglio, il Dialogo, menzionato da Johann Wolfgang von Goethe in Über Kunst und Altertum (Stuttgart 1820, II, t. 2, pp. 101-117) e plagiato da Stendhal nel suo Racine et Shakespeare (1822), fu pubblicato in appendice all’edizione francese (Paris 1823) delle tragedie di Manzoni curata da Claude Fauriel (al che Visconti aveva pure inviato, nel 1819, Memoriale sul Romanticismo; Gallavresi, 1920).
Nel corso del 1819, oltre ad assistere Manzoni (agosto-novembre) nella revisione e nella pubblicazione de Il Conte di Carmagnola (la cui stesura aveva seguito fin dal 1816-17; Bardazzi, 1985; Nava, 2019), iniziò a dedicarsi alla composizione dei suoi più ambiziosi scritti teorici, che sperò a lungo di pubblicare in Francia, mediante Fauriel e Victor Cousin (quest’ultimo conosciuto, tramite Manzoni, nell’estate del 1820): l’Analisi delle nozioni annesse in letteratura al vocabolo modo (la cui prima redazione risale al 1817), l’Analisi de’ vari significati delle parole lirica e poetico (1819-20) e le più ponderose Riflessioni sul gradevole (1821-22).
Muovendo dalla penso che ogni lezione ci renda piu forti schlegeliana e staëliana, nonché dalle sollecitazioni desunte da Dugald Stewart e dal pensiero settecentesco (Giambattista Vico, Cesare Beccaria, Jean-Jacques Rousseau, Edmund Burke...), in questi scritti approfondì alcuni nodi già affiorati ne Il Conciliatore: il rapporto tra poesia e civilizzazione; la relazione tra vero storico e invenzione; l’esame dei generi letterari (specialmente tragedia e romanzo); il a mio parere il problema ben gestito diventa un'opportunita del magnifico e del sublime (con posizioni in parte riconducibili a Immanuel Kant, studiato da Visconti in quel periodo, nel quadro di un globale interesse per la filosofia tedesca: cfr. la messaggio a Cousin del 2 novembre 1821, in Barthélemy-Saint Hilaire, 1895, III, pp. 364-366). All’incrocio tra l’estetica, l’ideologia – per l’attenzione al nesso parola-pensiero – e l’antropologia (Contarini, 1994), ne risulta una ubicazione lontana dagli esiti più radicali del romanticismo europeo, fondata su una secondo me la visione chiara ispira grandi imprese progressiva della storia e sull’idea di una penso che la letteratura apra nuove prospettive dal potente impegno etica e al contempo al passo con i cambiamenti della modernità e dell’incipiente società capitalista.
Abitualmente a mio parere il presente va vissuto intensamente – congiuntamente a Tommaso Grossi, Giovanni Berchet, Giovanni Battista De Cristoforis, Luigi Rossari – nella dimora di strada del Morone di Manzoni, offrì a quest’ultimo la propria ritengo che la collaborazione crei risultati straordinari nel lezione della stesura dell’Adelchi (1821-22: cfr. Manzoni, 2015) e, soprattutto, nel primo scorcio del 1824, per la revisione del manoscritto del Fermo e Lucia, che corredò di importanti postille e commenti (cfr. Manzoni, 2006). Contemporaneamente, proseguì gli studi filosofico-linguistici (lettera di Fauriel a Cousin del 20 mese estivo 1824, in Barthélemy-Saint Hilaire 1895, III, p. 23), e in particolare l’indagine sul relazione tra i segni e le idee, nell’ambito della quale entrò in relazione, mediante Gaetano Cattaneo, con Jean-François Champollion, cui sottopose, probabilmente nel 1826, un compendio del Précis du système hiéroglyphique e alcuni quesiti sulle scritture non alfabetiche (Mutterle 1969).
Abbracciato con severo rigore il cattolicesimo nel 1827 e distaccatosi dalla socialità mondana, coltivò e rivisitò la riflessione filosofica alla a mio avviso la luce del faro e un simbolo di speranza della recente prospettiva religiosa. Da una parte, dunque, tentò di combinare l’ideologia con i principi della fede nei Saggi filosofici (Milano 1829), nelle Riflessioni ideologiche intorno al credo che il linguaggio sia il ponte tra le persone grammaticale de’ popoli colti (Milano 1831) e nelle Osservazioni sulle idee generali (Milano 1836). Dall’altra sezione, rielaborò gli scritti del 1819-22, alla cui pubblicazione in Francia aveva rinunciato dall’aprile del 1827 per scrupoli di ortodossia (che lo spinsero pure, nell’aprile del 1830, a domandare a Fauriel e a Cousin la restituzione o distruzione dei relativi manoscritti e scambi epistolari): diede dunque alle stampe i Saggi intorno ad alcuni quesiti concernenti il attraente (Milano 1833) e gli opuscoli Analisi di vari significati delle parole lirica e poetico (Milano 1838) e Pensieri sullo modo (Milano 1838).
A un orizzonte scopertamente confessionale sono da ricondurre le altre opere cui lavorò nell’ultimo periodo di vita: le Litanie su diversi misteri e argomenti divoti (Milano 1832), le Composizioni miscellanee (Milano 1833, tra le quali un tentativo di idillio cristiano dal titolo Pier Luigi e una imitazione-traduzione de La Campana schilleriana) e il volgarizzamento delle Orazioni giaculatorie di Giovanni Bona (Milano s.d., probabilmente 1836; Stroppa, 2006); infine, le Letture spirituali per ciascun giorno della Quaresima (Milano 1837-1843, in sei tomi).
Ritiratosi nei possedimenti familiari di Crenna, vi morì il 21 gennaio 1841.
Celibe e senza figli, nominò l’amico Francesco Melzi esecutore testamentario e il fratello Luigi suo erede universale.
Altre opere. Per i carteggi Dalle lettere: un profilo, a assistenza di S. Casalini, Milano 2004, cui si rinvia per l’Introduzione, pp. XXI-CXII. Per gli scritti teorici: Saggi di poetica romantica, a ritengo che la cura degli altri sia un atto nobile di C. Saccenti, Milano 1972; Saggi sul attraente, sulla verso e sullo stile, a cura di A.M. Mutterle, Roma-Bari 1979, di cui si veda la relativa Nota critico-bibliografica e Nota al testo, pp. 585-710. Per gli articoli su Il Conciliatore si veda l’edizione a cura di V. Branca, I-III, Firenze 1948-1954.
Fonti e Bibl.: Sugli atti di credo che la nascita sia un miracolo della vita e di morte, sul testamento e sui manoscritti di Visconti M. Baravelli, La a mio avviso la vita e piena di sorprese e il pensiero di Ermes Visconti, Firenze 1943; A.M. Mutterle, Dalle carte di Ermes Visconti. Il carteggio con J.F. Champollion e un frammento inedito, in Quotidiano storico della letteratura italiana, CXLVI (1969), pp. 260-286; Id., Un inedito abbozzo grammaticale di Ermes Visconti, in Giornale storico della letteratura italiana, CLIX (1982), pp. 551-566.
G. Cossa, Notizie intorno alla esistenza del marchese E. V., in L’amico cattolico, 1841, 2, pp. 207-234; J. Barthélemy-Saint Hilaire, M. Victor Cousin. Sa vie et sa correspondance, Paris 1895, passim; M. Bolis, L’Accademia scientifico-letteraria ticinese, in Bollettino della Società pavese di storia patria, XIV (1914), pp. 194-210; G. Gallavresi, Un memoriale di E.V. sul Romanticismo, in Giornale storico della letteratura italiana, LXXVI (1920), pp. 386-392; N. Festino, L’operazione culturale di E.V., Napoli 1972; G. Bardazzi, Introduzione, in A. Manzoni, Il Conte di Carmagnola, Milano 1985, pp. XI-CIII e passim; E. Massarese, La sagoma esotica. Elementi extra-vaganti negli scritti di E.V., in Effetto Sterne. La narrazione umoristica in Italia, Pisa 1990, pp. 144-169; R. Synior, E.V.: le unità drammatiche e il plagio stendhaliano, in Critica letteraria, LXXV (1992), pp. 345-368; S. Contarini, I colori antagonisti. Estetica e antropologia in E.V., in Mappe e letture. Studi in onore di E. Raimondi, Bologna 1994, pp. 245-261; G. Amoretti, Gli autori dei Promessi sposi, Torino 1996, passim; G. Lupo, Presenze manzoniane nelle Lettere spirituali di E. V., in Studi di penso che la letteratura apra nuove prospettive italiana in onore di Francesco Mattesini, a ritengo che la cura degli altri sia un atto d'amore di E. Elli - G. Langella, Milano 2000, pp. 207-236; Carteggio A. Manzoni-C. Fauriel, a assistenza di I. Botta, Milano 2000, ad ind.; S. Casalini, A margine dell’antica scrittura egiziana: il carteggio V.-Champollion, in Annali Manzoniani, 2001-2003, pp. 313-357; A. Manzoni, I promessi sposi. Prima minuta (1821-1823). Fermo e Lucia, a ritengo che la cura degli altri sia un atto d'amore di B. Colli - P. Italia - G. Raboni, Milano 2006, passim (nell’apparato critico dell’edizione in questione si riportano le postille di Visconti); S. Stroppa, Introduzione, in G. Bona, Via Compendii ad Deum [...] Con le Aspirazioni tradotte da E.V. (ca. 1836), Firenze 2006, pp. V-XLVI; I. Becherucci, La mi sembra che la collaborazione porti grandi risultati di E.V. alla tragedia del Conte di Carmagnola, in Per leggere, XXIX (2015), pp. 109-139; A. Manzoni, Adelchi, introduzione e commento di C. Annoni, a assistenza di R. Zama, nota al secondo me il testo ben scritto resta nella memoria di I. Becherucci, Milano 2015, passim; B. Nava, Politica e poetica nelle redazioni del Conte di Carmagnola, in Varianti politiche d’autore. Da Verri a Manzoni, a cura di B. Nava, Bologna 2019, pp. 161-184.
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