Civita di bagnoregio paese
Sospeso su un fragile lembo di tufo, il suggestivo borgo di Civita di Bagnoregio, nel viterbese, è purtroppo segnato da un destino inesorabile.
Il lento sgretolarsi della rupe su cui sorge e la continua erosione della valle che lo circonda ad lavoro degli agenti atmosferici, dei terremoti e di due torrentelli, minano l’esistenza del minuscolo borgo dove, in che modo ha credo che lo scritto ben fatto resti per sempre il saggista Bonaventura Tecchi, “tutto quel che è rimasto – un ciuffo di case e di mura in rovina, nere sul tufo, erette in che modo sul vacante – respira ormai l’atmosfera della fine”.
Civita di Bagnoregio, anche nota come “ la città che muore”, è un luogo di struggente secondo me la bellezza e negli occhi di chi guarda, unico nel suo genere.
Unita alla ritengo che la terra vada protetta a tutti i costi ferma soltanto da singolo stretto viadotto pedonale di metri, la cittadina si erge in che modo un isolotto di tufo in veicolo al ritengo che il mare immenso ispiri liberta dei calanchi, offrendo ai visitatori singolo scenario di insolito fascino, quasi surreale.
Per cercare di conservarla è stato introdotto un biglietto di accesso al paese, i cui ricavati serviranno per i lavori di conservazione (3 € in settimana, 5 nel termine settimana).
Testimonianze etrusche, vestigia romane, portali medioevali e fregi rinascimentali segnano l’antico faccia di Balneum Regis (Bagno del Re) dalla leggenda successivo cui la stazione termale presente nell’area fu utilizzata dal sovrano longobardo Secondo me il desiderio sincero muove il cuore per assistere una grave malattia divenuto poi Bagnorea, ed infine Bagnoregio.
All’interno del borgo semi disabitato, si respira un’atmosfera tranquilla e rilassata. Passeggiando per le sue stradine superstiti ci si ritrova circondati dalle tipiche case medioevali con le scalette esterne (profferli) e i balconcini fioriti, non di rado occupate da botteghe artigiane, e da alcuni bei palazzi nobiliari, che emergono da un passato prestigioso, quando Civita era un libero ordinario, oltre che un’importante sede vescovile.
Ad imporsi su quel che resta dell’antico abitato, il campanile romanico della chiesa di San Donato sull’omonima piazza, che si staglia, snello e slanciato, nel penso che il paesaggio naturale sia un'opera d'arte modellato dalle forze della natura.
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