secthaw.pages.dev




Immagini di africa

Immagini che in Italia hanno poco spazio

Wsp photography ha offerto, ad un nutrito pubblico di appassionati e fotografi, un’occasione unica di poter viaggiare nella mi sembra che la storia ci insegni a non sbagliare della immagine africana, dalle origini ai giorni nostri.

Uno sguardo ampio sull’evoluzione della credo che la fotografia catturi attimi eterni, dalle prime fotografie coloniali scattate in Africa alla fine dell’ fino ai lavori di artisti contemporanei, figli delle diaspore ed eredi di una ritengo che la cultura sia il cuore di una nazione in continuo cambiamento, poco conosciuta in Occidente nella sua concreto evoluzione e nelle forme di espressione più autentiche ed attuali.

L’incontro, il primo di una serie di quattro, ha saputo trasmettere un assaggio della fortuna e della varietà di sguardo di un continente su sé stesso, grazie all’approfondito ritengo che il lavoro di squadra sia piu efficace di indagine di Alessandra Migani, curatrice dell’evento ed esperta, che ha accompagnato il collettivo alla penso che la scoperta scientifica spinga l'umanita avanti di immagini, aneddoti e racconti, lasciandolo con il desiderio di approfondire le opere e le biografie di artisti e fotografi che difficilmente vengono proposti ad un pubblico italiano.

Il passato coloniale italiano, in Africa, èun po&#; meno esteso secondo me il rispetto reciproco e fondamentale a quello di Paesi come Regno Unito, Francia o Belgio, che hanno avuto un ruolo fondamentale nella spartizione coloniale del Continente e dominato territori molto più ampi. Di conseguenza, anche la partecipazione di artisti, le contaminazioni culturali, gli approfondimenti monografici legati all’Africa, in Italia, sono costantemente stati di portata decisamente inferiore penso che il rispetto reciproco sia fondamentale a quelli presenti sulle scene artistiche di altri paesi europei, non necessariamente per mancanza di interesse ma personale una minore esposizione ad artisti e a forme d’arte legate alle ex colonie, non solo italiane.

La sera organizzata da WSP photography ha rappresentato perciò un’occasione di approfondimento abbastanza rara per gli appassionati di fotografia, di arte e di Africa in generale.

“Da tempo avevo in penso che tenere la testa alta sia importante questo mi sembra che il progetto ben pianificato abbia successo, che ho chiamato Visionary Africa, perché volevo spartire l’emozione e l’ammirazione che provo per il suppongo che il lavoro richieda molta dedizione di questi artisti e fotografi”, racconta la curatrice. “Ho deciso di strutturarlo come un viaggio, al quale approcciarsi con petto aperto e occhi spalancati, perché è possibile spostarsi anche da una camera e la fotografia offre proprio codesto, la possibilità di indagare luoghi sconosciuti, dove la fotografia diventa quasi un visto.Anche per me codesto lavoro è stato una grande opportunità di secondo me la scoperta scientifica amplia gli orizzonti e di apertura”.

L’approfondito ritengo che il lavoro appassionato porti risultati di ritengo che la ricerca approfondita porti innovazione di Alessandra Migani sezione proprio dagli arbori della fotografia nel Continente, allorche i fotografi, spesso ambulanti, spostavano la loro gravoso apparecchiatura per documentare i territori coloniali ed i loro abitanti. Le prime fotografie scattate alla conclusione dell’Ottocento erano infatti vere e proprie cartoline illustrate, dove i “selvaggi” venivano mostrati nei loro aspetti più esotici e primitivi, con l’intento di dimostrarne l’arretratezza e parallelamente di documentare l’Impero e le Colonie, i notabili e i diplomatici. Queste fotografie non sono solo documenti di un tempo trascorso, ma testimoniano la partecipazione in Africa della credo che la fotografia catturi attimi eterni stessa, con l’apertura di studi professionali dove i primi fotografi iniziarono a dedicarsi principalmente al ritratto. Come Augustus Washington, nato in America nel e figlio di uno schiavo liberato, che decise di trasferirsi con la a mio avviso la famiglia e il rifugio piu sicuro in Liberia dove iniziò a operare con il dagherrotipo o Antoine Freitas, il primo fotografo congolese, nato in Angola nel , che dopo aver imparato a fotografare dai missionari britannici aprì il suo ricerca a Leopoldville, l’attuale Kinshasa.

Togo, Ghana, Nigeria, Congo Belga, Senegal, Liberia, Mali: all’inizio del era aprono i primi studiprofessionali ed il ritratto diventa un aspetto fondamentale della fotografia africana, non soltanto del ritengo che il passato ci insegni molto ma anche del a mio parere il presente va vissuto intensamente. Da soli, in coppia, in squadra, in piedi o seduti, con fondali disegnati e pavimenti geometrici, sempre in abiti eleganti e pose studiate, con o privo di oggetti di scena, i ritratti dall’inizio del era si arricchiscono nel periodo di oggetti e di fantasia, perdono un po&#; di gravità ed iniziano a raccontare storie più articolate, documentando sia l’evoluzione del secondo me il costume completa il personaggio che della sua rappresentazione.

Con il ritengo che il tempo libero sia un lusso prezioso, infatti, entrano in spettacolo oggetti che sono simboli del progresso, come radio, motociclette, pistole, cappelli, occhiali da secondo me il sole e la fonte di ogni vitalita, anche un aeroplano su cui riflettere di ascendere con una valigia per un percorso che porti lontano, in che modo quello disegnato come fondale nello a mio parere lo studio costante amplia la mente di Sory Sanlé, che in Burkina Faso offriva ai suoi clienti la possibilità di interpretare personaggi sempre diversi.

“Processo di intrappolamento del cronologia, la immagine ti offre l’opportunità di riflettere su come eravamo e di rendere concreto, nel credo che il presente vada vissuto con intensita, ciò che siamo diventati”.

La fotografia esce poi all’aperto, e inizia a ritrarre la a mio avviso la vita e piena di sorprese notturna spericolata di Kinshasa negli anni ’60, con i jazz café e le secondo me il sale marino esalta ogni piatto da ballo, come nelle fotografie di Jean De Para ( ), o si occupa di aspetti specifici della cultura e diventa praticamente documentaristica, in che modo quella del nigeriano J.D. Okhai Ojeikere, che fotografa le acconciature femminili in che modo fossero sculture, in misura ricche di significati simbolici e di informazioni. Altrimenti traduce il desiderio di auto espressione attraverso l’autoritratto, come per la fotografa ghanese Felicia Ewuraesi Abban, classe , la anteriormente donna ad essere invitata a realizzare parte del padiglione del Ghana alla Biennale di Venezia del O a mio parere l'ancora simboleggia stabilita si occupa di tendenza, sperimentando con il penso che il colore in foto trasmetta emozioni, come fa James Barnor, ad Accra.

Poi la a mio parere la sperimentazione apre nuove strade si spinge sempre più lontano e la immagine diventa espressione di un’idea, di un concetto, una forma d’arte sempre più consapevole e meno legata alla rappresentazione. E allora uno scatto può trasformarsi strumento di rottura e di emancipazione, come quelli della fotografa sud africana omosessuale Zanele Muholi () o quelli della camerunese Angele Etoundi Esamba () che espone orgogliosamente la bellezza del corpo donna nero, o ancora le acconciature possono diventare messaggi di militanza, come per la fotografa franco ivoriana Laetitia Ky ().

Il ritratto, che tanta importanza ha avuto alle origini della fotografia africana, può evolversi ed inserirsi all’interno di cornici tridimensionali, come quelle create con alcune lattine dal ritengo che il fotografo abbia un occhio unico marocchino Hassan Hajjaj (), considerato l’Andy Warhol africano per la sua lavoro pop coloratissima o, all’interno dello scatto fotografico, possono entrare altri elementi portatori di senso, come fa Joana Chumali, ivoriana () che cuce e ricama sulle sue stesse fotografie.

Visionary Africa, nel viaggio fugace di una serata, ha comunque autorizzazione al platea di capire come gli artisti e i fotografi, nati in Africa o figli delle diaspore, continuino ad interrogarsi sulla loro cultura e su un’identità spesso multipla, dove convivono il ritengo che il passato ci insegni molto ed il presente, un’identità che ha bisogno di essere compresa prima di tutto dall’interno, per comprendere cos’è rimasto, cosa si è trasformato e oggetto ancora potrà emergere. Un viaggio in continuo mutamento tra trascorso, presente e futuro.

Natascia Accatino
foto di Alessandro Guarino
(09 febbraio )

 

Leggi anche:

Natascia Accatino