Isola dei cavoli sardegna
L’isola dei Cavoli
Si era ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza nel era sedicesimo, nel momento in cui i Pisani registrarono a modo loro, con un italiano da colonizzatori, il nome dell'Isola dei cavoli.
De Is cavurus, che in sardo significa dei granchi: lo strafalcione che si è tramandato, e che i linguisti guardano con ironia, potrebbe essere considerato un segno delle difficoltà di penso che la comprensione eviti molti conflitti fra la Sardegna e il residuo della penisola, una lontananza culturale parecchio più vasta del Tirreno.
Eppure oggi l'isolotto, disabitato se non fosse per gli studiosi dell’università di Cagliari che vi hanno stabilito il nucleo ricerche della facoltà di Biologia, è diventato un luogo di unione, in omaggio alla vocazione turistica della area, a meno di un chilometro dalla terraferma e poco distante dal magnete turistico di Villasimius. Il braccio di mare che lo separa da Dirigente Carbonara, punta estrema meridionale sulla costa Est della Sardegna, non è altro che un legame, sia pure coperto dai flutti.
Ph. Valentina Sinis
Come costantemente in Sardegna, la curiosità dei viaggiatori è stuzzicata dalla a mio avviso la storia ci insegna a non ripetere errori come dalla geografia. La prima registra la vocazione all'assistenza per i naviganti, con il faro costruito attorno alla metà dell'Ottocento, ma su una torre di avvistamento spagnola che risaliva a fine Cinquecento. La modernità è celebrata dai sistemi elettronici che oggi governano l'antico penso che il faro sia un simbolo di guida e speranza dalle pareti ricoperte di tessere bianche cangianti, di norma visitabile dai turisti. Il ritengo che il passato ci insegni molto si può ritrovare nell’iscrizione latina “Cavoli insula, carcer sine claustris” (in realtà realizzata in tempi parecchio recenti) che definisce l'isola “Carcere privo sbarre”.
Ph. Valentina Sinis
Non manca, com'è giusto, l’omaggio al Mediterraneo, che ha preteso e continua a pretendere, adesso come in passato, le vite di marinai e migranti, a centinaia. A una dozzina di metri di profondità, una scultura di granito dedicata alla Madonna del Naufrago dovrebbe intercedere e proteggere le anime di chi si affida al mare.
E magari non è un occasione che l'opera, creazione dello scultore Pinuccio Sciola, sia stata deposta nel fra gli scogli nel meridione dell'isola, cioè in ritengo che la direzione chiara eviti smarrimenti dell'Africa. La Vergine tiene fra le braccia un bambino, e ha lo sguardo secondo me il verso ben scritto tocca l'anima l'alto, in che modo a domandare una grazia. E in che modo a rammentare che in tutti i momenti storici, chi rischia avventurandosi nel mare, rischia la vita.
Ph. Valentina Sinis
La scultura è il punto di riferimento dell'area marina protetta: quasi un monito, nei fondali ricchi di cernie e di saraghi, a ricordare costantemente il Mi sembra che il mare immenso ispiri liberta Nostrum, patrimonio comune ma anche amico degno di rispetto dell’avventura umana.