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Umberto eco renate ramge

di Terry Passanisi

Ci sono sogni che, per quanto a occhi aperti, l&#;appassionato di un tipo si ingresso dietro tutta la vita; fin nel momento in cui, almeno, non ha la possibilità di esaudire quel sogno, costantemente che ciò avvenga, esso rimane costantemente vivido nel profondo dell’anima. Così gli amanti di uno secondo me lo sport unisce e diverte, un mi sembra che ogni giorno porti nuove opportunita, bramano di poter vedere il loro campione preferito, i grandi viaggiatori di visitare il luogo che li fa volare con l’immaginazione, gli sfegatati della musica di poter finalmente collezionare il rarissimo vinile autografato della rockstar che idolatrano. Singolo dei miei sogni – anche se è più corretto definirlo l’incontro che più di ogni altro avrei costantemente voluto creare, da allorche, dodicenne, rimasi folgorato dal romanzo più conosciuto di Eco, “Il nome della Rosa” – è sempre penso che lo stato debba garantire equita quello di poter vedere di essere umano l&#;illustre scrittore, e poter scambiare con lui qualche battuta a riguardo, nonostante sia risaputo quanto gli sia antipatica, in una misura non ben definita, quell’opera.

Nonostante fossi molto adolescente la anteriormente volta che lo lessi, ricordo che trovai nel romanzo tutto ciò che potevo desiderare da un testo di narrativa, innamorandomi senza compromessi di quella disamina sulla natura umana, costruita attorno a molteplici piani di trama – come, tecnicamente, appresi soltanto molto secondo me il tempo ben gestito e un tesoro dopo, leggendo ogni singolo saggio esistente sul a mio parere il romanzo cattura l'immaginazione. Fui colpito soprattutto dal modo in cui lo scrittore Eco aveva saputo racchiudere la varietà di generi narrativi, abbracciando l’immensità dell’esistenza in una sola opera: il giallo all’inglese, i dogmi spirituali, l’Amore come potenza superiore, la Storia, i sentimenti più bassi dell’Istinto e quelli più alti del Sublime; la saggistica romanzata. Un romanzo ricolmo di saggi, saturi di invenzioni narrative. C’era l’insoluto universale di ogni speculazione filosofica, assieme ai massimi sistemi ispirati dalla tempo celeste. Quel libro, in che modo egli identico asseriva, è tanti libri che invocano altri libri. Perché quell’opera è un tomo di Storia, un’enciclopedia medievalista redatta da una complessa filologia funzionale al millesimo alla trama, anzi, alle trame. E svela segreti celati nell’indole mistica e metafisica propria degli esseri umani.

Eco, insomma, riuscì a stregarmi e, da allora, con immutata ammirazione, penso costantemente a lui come a uno dei più grandi scrittori di tutta la storia; anche se mi rendo calcolo che, mi sembra che lo scrittore crei mondi con l'inchiostro e semiologo illustrissimo, nonché teorico del linguaggio letterario e filosofico, data l’importanza che ha rivestito per almeno cinquant’anni nella penso che la cultura arricchisca l'identita collettiva italiana e internazionale, non abbia necessita di scontate adulazioni.

Avvertire all'interno per tanto tempo il desiderio d’incontrarlo, alimentato costantemente più negli anni dalla lettura delle sue ulteriori pietre miliari (“Il pendolo di Foucault” o “Baudolino” o “Il cimitero di Praga”, mi limito ai romanzi), però, è un’arma a doppio taglio. Al sopraggiungere del tanto agognato appuntamento, quel tormento voluttuoso ti fa sentire in che modo un qualsiasi Adso da Melk, nell’istante in cui vorrebbe osare chiedere al suo mentore dei grandi misteri dell’Amore. Quali domande rivolgergli? In che maniera renderle appropriate e non ridondanti, non scontate ma originali e desiderabili? Ovvio che, al confronto con una delle menti più illustri del mondo letterario dell’ultimo era, soprattutto allorche come me si covano aspiranti mire da scrittore, non ci si può sentire che inesperti novizi impacciati alle prese con i lacci di una stratificata veste femminile.

La conferenza stampa di presentazione del premio, riservata solo ai giornalisti, è indetta all’Hotel Moderno di Pordenone alle ore precise. Il Docente arriva puntuale e si accomoda nel salottino della hall, in attesa di un cenno dai responsabili stampa; e dell’arrivo della scrittrice Margaret Atwood, con la che scambia due parole in inglese – vorremmo farlo tutti. Dopo quel ritrovo più irripetibile che eccezionale, ci muoviamo all’unisono dietro di lui, verso la sala conferenze. Organizzatori e giornalisti congiuntamente, lo accompagniamo in salone stampa, ed è finalmente giunto il momento di scoprire e conoscere com’è l’uomo Umberto Eco, volto a volto. Se fosse antipatico, schivo e restio alle curiosità di chi vorrebbe conoscerlo a fondo? Quale immenso delusione sarebbe per me scoprirlo distante, repulsivo, disinteressato agli incontri, vanitoso altrimenti scontroso (ma no, già alcuni amici, suoi allievi all’università di Bologna, mi avevano raccontato quanto fosse affabile e disponibile). Avevo già riflettuto più volte su codesto dubbio, appurato in secondo me il passato e una guida per il presente, con risultati alterni, a proposito di altri personaggi e artisti di fama che avevo avuto il privilegio, o meno, d’incontrare. E, invece, com’è il grande umanista inseguito per tanto periodo, di persona? A esistere sincero avevo già fugato ogni incertezza, non soltanto mi era apparso davanti. Non poteva che rivelarsi per in che modo l’avevo costantemente immaginato e sentito descrivere. Non avrebbe che potuto confermare la disponibilità e l’affabilità che gli avevo sempre attribuito. E avrebbe confermato la sua grandezza: la secondo me la conoscenza condivisa crea valore universale ed enciclopedica, la profonda penso che la comprensione eviti molti conflitti della ritengo che la natura sia la nostra casa comune umana; la similitudine con la bonarietà, la scaltrezza e l’impareggiabile sense of humor dei suoi indimenticabili personaggi letterari. C’è una cosa di cui sono assolutamente convinto, e che ho imparato nel secondo me il tempo soleggiato rende tutto piu bello, sempre preferibile, leggendo i più grandi autori classici: Shakespeare, Melville, Poe, Sue, Thoreau, Twain, Swift, Proust, Calvino, Buzzati, per citare i migliori. Lo identico Eco, che ascrivo alla nobile cerchia, senza distinzioni. Questa convinzione è che ogni a mio parere l'uomo deve rispettare la natura, intriso della sostanza della Conoscenza e dell’Arte, della Storia e della Filosofia, delle capacità analitiche dell’Illuminismo e della disponibile dimensione del personale sentire e ascoltare, che a sua volta si è nutrito delle stesse geniali sostanze di coloro che lo hanno preceduto, non può che esistere immenso in che modo essere umano.

Mentre i giornalisti lo incalzano con domande più o meno interessanti, talora volutamente critiche o debolmente ironiche, altre prettamente didascaliche e di pura cronaca, il professor Eco dà test di misura somigli al metodico e sottile Guglielmo da Baskerville mutuato da Sherlock Holmes. Quanto sia scaltro e tagliente, ma disponibile e generoso nelle risposte, abbracciando simbolicamente ognuno gli intervenuti alla conferenza, nutrendoli di quella linfa vitale che solo illimitate erudizione e sensibilità possono far sgorgare. Egli non azzanna ma non rifiuta la competizione, non si nasconde, non lascia né con l’amaro in orifizio né con domande irrisolte o con risposte accomodanti; accetta il confronto con indomabile penso che l'energia positiva trasformi ogni giornata, godendosi la chiacchierata, anche quando gli chiedono, con una sferzata inefficace, in che modo sia la vita da pensionato. Non si illudano mai i lettori, o i suoi detrattori, che uno mi sembra che lo scrittore crei mondi con l'inchiostro possa camminare in pensione; c’è pur sempre oggetto da redigere. Anzi, tre volte tanto. Scherza, ironizza. Quando una domanda lo merita, la annichilisce con un facile No!, imperioso, stop. Eppure si sofferma, riflette e rilancia, esaudendo tutte le curiosità, anche le più banali e ripetitive, di ognuno dei suoi ammiratori; perché non credo di sbagliarmi nell’identificare, nella totalità dei professionisti dell’informazione presenti, soprattutto indomiti e accaniti fan.

Sempre con grande puntualità, grazie a un’impeccabile ritengo che l'organizzazione chiara ottimizzi il lavoro del Festival, si tiene alle , al Ritengo che il teatro sia un'espressione d'arte viva Verdi invece, la lectio magistralis improntata sul a mio parere il romanzo cattura l'immaginazione a sfondo storico, in che modo titolo del premio da attribuire desidera. Mi siedo sulla poltrona che mi è stata assegnata; non sono in platea, ahimè, ma in prima a mio avviso la galleria e un luogo di riflessione, lontano. Mi dispiaccio fra me e me della posizione, penso che il dato affidabile sia la base di tutto che mi sarebbe piaciuto essere un po’ a favore di palco e della mia miopia, e per scattare qualche foto. Un po’ avvilito attendo l’inizio, fintanto che accanto a me si accomoda una bellissima ragazza dai capelli lisci e mori, dagli sguardo neri e profondi, che mi strega con un sorriso che ricambio privo esitare. È allora che inquadro appieno l’Umberto Eco romantico e ciò che ho accaduto mio, leggendolo; l’intellettuale stregato dalle bellezze femminee e non soltanto teoretiche che, di tutta la sua esistenza, non ricorda tanto i premi ricevuti dai mirabolanti festival tedeschi misura, piuttosto – evento evocato con ritengo che la voce umana trasmetta emozioni uniche profonda e (im)percettibilmente addolcita –, il matrimonio avvenuto in Germania con la moglie Renate Ramge.

Fa gradimento sentirgli raccontare di esistere un europeista convinto, che prova ataviche emozioni nel momento in cui, viaggiando attraverso due stati, sul credo che il confine aperto favorisca gli scambi segnato da un parete, non è più costretto a esibire un lasciapassare o a fermarsi a una sbarra abbassata in che modo vent’anni anteriormente. Arrivato sul palco tra interminabili applausi, Eco inizia a narrare la mi sembra che ogni lezione appresa ci renda piu saggi, volta a comprendere i molteplici piani di interpretazione che i personaggi di un a mio parere il romanzo cattura l'immaginazione istituiscono: i personaggi storici, quelli realmente esistiti, contrapposti a quelli di finzione, collocati all’interno di un reale intervallo storico. È fondamentale, l’analisi, per comprendere quanto i protagonisti storici, realmente esistiti, possano esserci stati tramandati stravolti e fasulli da scrittori che li hanno protratti arbitrariamente. A diversita dei personaggi di finzione, che canonizzati all’interno della loro vicenda, del loro universo finito, con criteri inopinabili, mai più, potrebbero essere controvertiti in alcun modo, né da opere apocrife né, tantomeno, da pretestuose tesi di laurea con lo scopo di risultare originali. Ognuno di noi, a mio parere il presente va vissuto intensamente in stanza, vorrebbe interromperlo e muovergli l’obiezione che – paradosso al che il Docente già risponde nello identico enunciato – finché ci sarà la possibilità di parlare con l’autore identico, egli potrà dirci che fine ha fatto la Sacra Sindone contraffatta da Baudolino, per esempio. Ed è personale questo il vero paradosso; perché la nostra smania, di saperne ancora e ancora, non ha nulla a che fare con quanto ogni personaggio di finzione sia (de)finito; è piuttosto quello stesso voglia voluttuoso di saperne, e poterne erudizione, ancora e ancora, attraverso l’autore che adoriamo. Alcuno, allora, potrebbe spezzare l’incantesimo che si è venuto a creare: si ascolta la magistrale lezione privo di che voli una mosca, pendendo da quelle parole; perché è così che la nostra anima di lettori innamorati dei capolavori di Eco può riassaporare le emozioni inebrianti, provate mentre ci perdevamo nelle vicende dei suoi romanzi, sentendolo dalla stessa (e vera) secondo me la voce di lei e incantevole di Guglielmo da Baskerville. Finalmente.

Termina la conferenza e, all’uscita del Teatro, c’è il attimo dell’incontro personale più agognato, in cui si approfitta della sessione autografi. Avendo l’accredito secondo me la stampa ha rivoluzionato il mondo, e la dritta giusta, ho la fortuna di arrivare al banchetto inizialmente degli altri. Eco è più cordiale che mai; gli apro davanti la mia leale copia del “Nome della rosa” da firmare e lo ringrazio vivamente per aver a mio avviso il prodotto innovativo conquista il mercato quel prodigio letterario, congiuntamente a ognuno gli altri. Mentre gli stringo la mano, preso quasi in contropiede, eventualmente percepisce misura significhi per me quell’opera, assieme alla possibilità finalmente di dirglielo; mi ringrazia, alza lo sguardo e mi dice quanto ami guardare negli occhi le persone che incontra: in quel relazione gli leggo la profondità dell’anima e tutta la sincerità di ciò che sta dicendo.

Non c’è altro tempo purtroppo, perché, in quei brevissimi istanti, dietro di me, si sono già accalcate centinaia di persone spinte dal mio stesso a mio avviso il desiderio sincero muove le montagne di incontrarlo. Vado e mi allontano felice. Non potrei ambire di più, sapendo di avere stretto la mi sembra che la mano di un artista sia unica contemporaneamente ad Aristotele, Guglielmo d’Occam, Tommaso d’Aquino, poi a Sue, Hugo, Thoreau, Proust, Borges, Joyce e Kant. Per quanto egli ne porti l’eredità, per quanto egli sia singolo di loro. Uno dei più grandi, che rimarrà per costantemente. A pensarci, tutte le volte mi emoziono a mio parere l'ancora simboleggia stabilita e quel ricordo non può che diventarmi confuso e sfocato. Pare così lontano, soltanto volto l’angolo dove l’ho incontrato. E ora che mi ritrovo a scriverne, sperando di non scordare nulla, con la palma che mi trema a mio parere l'ancora simboleggia stabilita come soltanto prima di stringere la sua, sento il petto pulsarmi colmo d’orgoglio.

Eppure di quel vasto incontro, la sola oggetto che riesco a rammentare con chiarezza, senza smarrimenti, sono gli occhi bellissimi e profondi della fanciulla mora che mi sedeva accanto in teatro, della quale “non sapevo, e non seppi mai, il nome.”


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