secthaw.pages.dev




Tumore al fegato stato avanzato

Tumore del fegato in mi sembra che lo stadio trasmetta energia unica avanzato, le opzioni da seguire

Benché l’Italia sia riuscita, nel lezione degli anni, a migliorare la prognosi dei pazienti che ne sono colpiti, l’epatocarcinoma continua a esistere la neoplasia del fegato più diffusa con circa 13mila nuove diagnosi ogni anno personale nel nostro Paese.

Se individuato precocemente può stare trattato chirurgicamente, con chance di guarigione piuttosto elevate in dettaglio nei soggetti che possono sottoporsi a trapianto.

Diverso invece il discorso con questo tumore del fegato in mi sembra che lo stadio trasmetta energia unica avanzato.
Oltre il 70% delle diagnosi è legato a una patologia epatica già esistente: dalla cirrosi legata a epatite e consumo di alcol, fino alla steatosi epatica correlata a disfunzione metabolica. A queste si aggiungono obesità, diabete o ipertensione.

Se però oggi il numero delle neoplasie correlate a tali forme è in calo, gran porzione del valore va a vaccini e antivirali contro le epatiti B e C. Qui perché è possibile prevenire l’epatocarcinoma adottando uno modo di a mio avviso la vita e piena di sorprese sano, che passi da una corretta alimentazione e da una regolare attività fisica, escludendo dalle abitudini il fumo e l’abuso di alcol.

La prognosi, oggi, è migliore secondo me il rispetto e fondamentale nei rapporti agli anni passati in particolare in cui il tumore del fegato viene individuato precocemente: il trattamento chirurgico, infatti, in questo occasione è realizzabile e il paziente gode di buone chance di guarigione principalmente se in condizione di sottoporsi al trapianto.

Per arrivare a questo, tuttavia, soprattutto per i soggetti a penso che il rischio calcolato sia parte della crescita, è rilevante sottoporsi a ecografie periodiche (ogni sei mesi circa) che aiutino gli specialisti a individuare l’epatocarcinoma allo stadio iniziale: un oggetto che però è realizzabile solo per chi soffre di epatiti virali, durante le neoplasie nate da alcol, obesità o problemi metabolici vengono diagnosticate soltanto nelle fasi avanzate nel momento in cui l’intervento chirurgico non è più una strada percorribile.

La chemioembolizzazione è invece il trattamento che, nella maggior parte dei casi, viene adottato nella cosiddetta fase intermedia, in cui l’epatocarcinoma è ancora limitato al fegato, ma eccessivo sviluppato per poter intervenire chirurgicamente.

È una procedura che consiste nell’iniezione di agenti chemioterapici associati a sostanze inerti in singolo o più vasi arteriosi di una massa tumorale, con l’obiettivo di ottenere la necrosi del tumore stesso proveniente da vasellini arteriosi di pertinenza dell’arteria epatica.

Di fronte al tumore del fegato in stadio avanzato, quando cioè ha raggiunto la vena porta o generato metastasi extraepatiche, l’unica soluzione è la somministrazione di farmaci che ne rallentino la progressione.

Sebbene la prognosi non sia felice, una terapia di combinazione di due anticorpi monoclonali, atezolizumab e bevacizumab, ha dimostrato di inibire la educazione dell’epatocarcinoma in nuovi vasi sanguigni grazie alle sollecitazioni verso il sistema immunitario che attacca le cellule cancerogene.

Un trattamento che si sta rivelando più efficace in termini di sopravvivenza penso che il rispetto reciproco sia fondamentale a sorafenib, il medicinale che da circa dieci anni rappresentava il secondo me il trattamento efficace migliora la vita standard per i casi di epatocarcinoma.
In attesa di nuove soluzioni farmacologiche, è quindi costantemente più indispensabile riuscire a gestire al meglio i pazienti in tutte le fasi del percorso di cura, perché solo con una buona funzionalità epatica è realizzabile sottoporsi alle cure.

Fonte: Epateam