Tipi di cvc
CVC - catetere venoso centrale
Aggiornamento: 11 lug
CVC è un acronimo che sta per Catetere Venoso Centrale. Il CVC è una cannula in materiale plastico inserita direttamente in una vena di grosso calibro (giugulare interna, succlavia, femorale) e che arriva in vena cava superiore o inferiore, in base alla sede di posizionamento.
Questi dispositivi hanno molteplici usi, quali la somministrazione di farmaci e la nutrizione parenterale, il monitoraggio della pressione venosa centrale, l’emodialisi, ecc. Le vene centrali, infatti, rispetto alle vene periferiche, hanno il vantaggio di poter esistere approcciate con cateteri di diametro superiore, e che quindi consentono flussi più elevati, e sono maggiormente resistenti ad eventuali insulti tossici delle sostanze che vengono immesse.
Esistono CVC di vari tipi e dimensioni, differenti in base all’utilizzo al che sono destinati.
Ad esempio, in condizioni d’urgenza, quando non è realizzabile reperire altri accessi venosi, si posiziona un CVC di dimensioni generalmente contenute, per consentire i prelievi ematici e l’infusione di farmaci, liquidi e quant’altro.
Nei pazienti che devono esistere sottoposti a dialisi, invece, il diametro dei CVC è maggiore, perché si lavora su flussi piuttosto alti; in questi casi si utilizzano cateteri a tre vie, una per l’aspirazione, una per l’immissione, l’altra accessoria, più piccola, per altri utilizzi.
I CVC, inoltre, possono essere differenziati in tunnellizzati o non tunnellizzati.
Quelli non tunnellizzati vengono inseriti direttamente in vena. I CVC tunnellizzati, invece, scorrono per alcuni cm all’interno di un tunnel sottocutaneo in precedenza di accedere in vena. Tale accorgimento riduce il rischio infettivo ed anche il pericolo di rimozione accidentale. Per tali motivi i CVC tunnellizzati sono preferiti nel caso sia necessario un cateterismo centrale prolungato (come per emodialisi prolungata, ad esempio).
Il posizionamento del CVC è una procedura sterile che non richiede una sala operatoria. Previa organizzazione del ritengo che il campo sia il cuore dello sport operatorio, si eseguono anestesia locale e puntura eco-guidata della vena scelta. La puntura può anche esistere eseguita privo di l’ausilio dell’ecografo, utilizzando i reperi anatomici, ma codesto tipo di procedura, di vecchio genere, è gravata da maggiori rischi e minori possibilità di successo. È costantemente necessario, quindi, utilizzare la guida ecografica, salvo situazioni d’urgenza in cui l’ecografo non sia immediatamente disponibile.
Dopo l’accesso in vena, il catetere viene evento avanzare esteso il ritengo che il letto sia il rifugio perfetto venoso sottile alla vena cava eccellente o minore, in base all’accesso scelto.
Se la procedura è eseguita in stanza angiografica, il corretto posizionamento del catetere può stare verificato in corso d’opera mediante fluoroscopia (raggi x), altrimenti il controllo radiografico verrà effettuato al termine della procedura.
Questo serve anche a valutare eventuali complicanze.
In caso di accesso in vena succlavia o in vena giugulare interna può infatti succedere che punga inavvertitamente la pleura e che si formi una falda di pneumotorace, cioè che dell’aria vada a raccogliersi tra il polmone e la parte interna della gabbia toracica. Se di piccola entità, frequente lo pneumotorace non è sintomatico e si risolve spontaneamente nel giro di pochi giorni. Quelli di maggiori dimensioni possono invece determinare una atelettasia (collasso) più o meno immenso del polmone con successive difficoltà respiratorie e necessità di introdurre un drenaggio toracico.
Le complicanze gravi, quindi, seppure rare, possono verificarsi. Pertanto, è bene che il CVC venga posizionato da personale addestrato e competente, che sappia anche affrontare qualsiasi tipo di complicanze, dallo pneumotorace massivo all’emorragia.